Si parte con una nuova stagione!
Ma prima, è necessario archiviare quella passata. Mi aspettavo molto…e a livello di risultati mi porto a casa poco e niente. Qualche punticino al Tour de Ski, una gara buona (in tutta la stagione!!!) in termini di sensazioni, qualche certezza lasciata lungo la strada. Eppure…da questa stagione non mi porto via soltanto i (tanti) minuti inflittami dalla Bjoergen. Ancora una volta, anche dove non pensavo di vederli, ci sono insegnamenti, spunti, incontri, ispirazioni.
La preparazione era stata super, il team affiatato e l’ambiente tranquillo lasciavano presagire buoni risultati…invece le cose si sono rivelate molto più difficili e complesse del previsto. Ci ho provato fino all’ultimo a risollevare l’andamento della stagione, tentando strade diverse, ma, dopo la 10km a classico dei mondiali di Lahti, ho sentito che le mie chance si erano esaurite. La mia (pessima) prestazione in quella gara mi è costata (giustamente) il posto in staffetta. La staffetta, la mia gara preferita, che ha quella componente di squadra che gli altri eventi non hanno. Peccato.
Non lo nego, a tratti l’ultima stagione è stata frustrante ed ho faticato a trovare le energie per riprovarci dopo le gare negative. Mi rendo altresì conto che queste siano inezie di fronte alla vita vera. Semplicemente allenarti duramente, crederci e poi gareggiare in questo modo, non è divertente. E non è qualcosa che riguardi meramente i risultati…è il non riuscire ad esprimersi nel modo in cui si potrebbe.
Durante lo scorso inverno mi sono resa conto che non siamo preparati al fallimento. O meglio, siamo coscienti che possa accadere, ma non abbiamo gli strumenti per affrontarlo. E non penso sia una lacuna delle persone deputate alla preparazione (e in senso più ampio alla formazione). Penso piuttosto sia un riflesso della nostra società, che pone l’accento sul successo, piuttosto che sul percorso in sè. Perché, in fondo, cos’è il fallimento se non uno dei tanti risvolti del nostro personalissimo viaggio?!?
In questi frangenti è facile perdere la fiducia in se stessi e mettersi in discussione molto profondamente. Cosa peraltro buona quest’ultima, ma non quando permettiamo ad altri di definirci. Durante gli ultimi mesi ho rafforzato in me questa consapevolezza: non lasciare che altre persone ti mettano in testa convinzioni che non sono tue, non permettere a nessuno di dirti chi sei, cosa sei o non sei in grado di fare.
La scorsa stagione mi ha aperto gli occhi sull’importanza di avere un “piano B”. (Spunto, quest’ultimo, emerso dalle riunioni di fine stagione e per il quale ringrazio molto!) La nostra condizione di atleti, in particolar modo per come è strutturato il sistema in Italia, ci porta a fare e pensare quasi esclusivamente alla nostra vita sportiva. Ma la carriera ricopre solo una piccola parte della nostra vita e, inoltre, questo modo di vivere può condurre a restare rinchiusi in un mondo che in fin dei conti è piuttosto ristretto. Rispolverare questo concetto è stata per me una boccata d’aria fresca. Impegnarmi in vecchi e nuovi progetti al di fuori dell’attività agonistica, mi ha fatto tornare l’entusiasmo e apprezzare la vita sportiva stessa.
Soprattutto, mi ha fatto rendere conto di quanto sia fortunata, per le persone, provenienti da tutte le parti del mondo, che ho l’opportunità di conoscere e le esperienze speciali che vivo.
Le stagioni opache come la scorsa hanno la capacità di rispolverare e lucidare i tuoi stessi sogni: perciò è arrivato il momento di fissare gli obiettivi futuri per far sì che quei sogni si avverino!