E così ti svegli una mattina, scosti le tende e guardi fuori. E’ stupendo: davanti ai miei occhi la distesa bianca del passo Lavazè è ancora addormentata, i primi raggi si insinuano tra le montagne e vanno ad illuminarla, facendo brillare i cristalli di neve. Solo allo sguardo si percepisce quanto sia rigida la temperatura: si preannuncia un’altra giornata fredda, mitizzata solo dal calore del sole. Siamo in raduno pre-mondiale e mi aspetta una giornata di allenamento in un luogo stupendo.
Guardo fuori e mi rendo conto che è già febbraio. Più di metà stagione agonistica già alle spalle. I mondiali di Falun, l’appuntamento clou della stagione, sono alle porte e poi non resterà che qualche fine settimana di Coppa del Mondo.
Ti prepari, attendi molti mesi, non vedi l’ora che inizi. E poi come un soffio vola via. La nostra stagione segue un ritmo incalzante, gara dopo gara, ogni fine settimana in un luogo diverso, passa velocissima. Ed è altrettanto intensa: ci sono gli occhi stanchi per le ore trascorse in pulmino, l’odore delle sale d’attesa degli aeroporti, gli allenamenti quando hai dormito poco, le valigie da disfare nel cuore della notte e da ripreparare in fretta per la trasferta successiva. La nostra stagione corre e per starle dietro a volte ti manca il tempo per fermarti, riflettere, fare un’analisi.
E’ stato un inizio stagione caratterizzato dallo strapotere della squadra norvegese, nel quale poco hanno potuto tutte le altre nazioni. Un inizio stagione tra i più difficili per la squadra femminile italiana. Ci siamo allenate con costanza, siamo partite convinte e sicure di noi stesse, ma i risultati hanno tardato ad arrivare. Gara dopo gara, siamo scese in pista con tutta la nostra grinta e motivazione, ma le cose non si decidevano a girare per il verso giusto. Di certo qualcosa non ha funzionato e sicuramente non avevamo gli strumenti appropriati a fronteggiare la situazione.
Non lo nego: questo avvio di stagione mi ha delusa. Mi aspettavo molto di più e puntavo a tornare al livello che avevo lasciato due stagioni fa. Parlo in termini di risultati, certo, ma soprattutto per quanto riguarda le sensazioni. Ogni gara andavo alla ricerca della mia sciata, della fluidità nel movimento efficace, andavo alla ricerca di quella fatica piacevole. Nella passata stagione avevo avuto il maggior calo di rendimento nella 10k a classico, la stessa gara in cui ho avuto i migliori risultati; ora ero determinata a riprendermi la mia gara, la mia tecnica. Era un po’ come se andassi alla ricerca di me stessa.
Il ritiro alla 10k classico di Davos è un duro colpo da incassare. Il giorno dopo non ho neanche voglia di mettere gli sci ai piedi. Mi sento tradita da ciò in cui ho investito tante energie e dedizione. Poi succede che ci dormi sopra e ti svegli con il suono di parole nella testa: “oggi per deprimersi, domani si riparte”
Ma si riparte in un altro modo: liberando la testa e andando in gara non alla ricerca di qualcosa, bensì con l’atteggiamento di chi quel qualcosa ce l’ha già. Affrontando la gara con cattiveria agonistica. Rimetto gli sci ai piedi e arriva un podio in Opa cup il cui livello, certo, è molto inferiore alla Coppa del Mondo, ma da morale.
Accolgo il 2015 a casa, con una bacchetta magica rosa, perché me lo aspetto ricco di magia. Il primo giorno dell’anno sono già in viaggio verso la prima tappa del Tour de Ski. Il Tour vola ancora più veloce delle settimane precedenti ed è come sempre un’esperienza frenetica, difficile e ricchissima di stimoli. Mi restano nel cuore tante immagini indelebili: le frasi motivazionali del mattino, seguire la gara degli uomini ammassate davanti ad un telefono mentre siamo in pulmino parcheggiato in una rotonda, gli abbracci prima della partenza, un inverno che non si decide ad arrivare, una volata da brividi, sorrisi e sguardi. Il Tour mette in mostra qualcosa di buono da parte nostra, ma non è privo di muri e difficoltà. Mi insegna ad andare oltre la fatica, oltre quello che pensavo fosse il limite. Mi insegna a trovare il modo per portare a casa qualcosa anche in quelle giornate in cui non ti senti al massimo.
E forse è proprio questo il punto: affrontare ciò che ci accade con grinta e motivazione e dare sempre il meglio di noi stessi, cercando di ottenere il massimo possibile in base alle capacità e risorse del momento. Non scoraggiarsi se non troviamo ciò che ci aspettiamo.
Andavo alla ricerca di me stessa, ma era una ricerca vana. Non troverò più quella che ero, perché ciò che viviamo irrimediabilmente ci cambia. Non ho più in mano quegli strumenti, ma ne ho degli altri. Per questo devo affrontare la vita in un modo diverso, con occhi diversi, con atteggiamento nuovo.
Questa stagione sta correndo veloce, ma l’appuntamento più importante deve ancora arrivare. E c’è ancora la possibilità di fermare il tempo in attimi indelebili.
ps: mentre io stavo lì a cercare me stessa, i nostri uomini hanno finora ottenuto 5 podi in Coppa del Mondo, di cui 4 vittorie, oltre a numerosi ottimi piazzamenti. Chapeau!