C’è un hashtag che va forte il giovedì, il quale ci fa tirare fuori vecchie foto, vecchi ricordi e…un po’ di nostalgia. Questa settimana colgo l’occasione per aprire il mio baule dei ricordi e raccontare un’esperienza legata alla mia infanzia, la cui eco raggiunge la persona che sono tutt’ora.
Ho trascorso le estati da bambina in malga; i miei genitori erano gli addetti alla cura del bestiame che veniva trasferito dal paese in quota durante la bella stagione. Mia sorella ed io davamo una mano e tra i miei compiti c’era anche quello di aiutare nel riportare gli animali alla stalla dopo la giornata al pascolo. Succedeva a volte che all’appello serale mancasse qualche mucca ed era mio compito andare a recuperarle mentre i miei genitori si occupavano della mungitura.
Così, un tardo pomeriggio durante la tregua del temporale, papà mi accompagna in moto fino alla località dove c’era possibilità di trovare le ritardatarie, mi da qualche istruzione sul percorso e rientra. Io mi incammino; dopo poco mi fermo, ascolto. Nessun rumore di campanacci…in compenso il bosco ha moltissimi altri suoni : c’è tutto un gocciolio dagli alberi e dalle foglie, poichè ha appena piovuto e l’ascolto risulta disturbato. Quindi riprendo a camminare, cambio luogo, mi fermo ed ascolto ancora. Di nuovo niente. Continuo così per un po’, controllando i luoghi in cui le mucche sono solite fermarsi e quelli che mi ha suggerito papà. Delle mucche nessuna traccia.
Poi ad un tratto sento una goccia sul viso. Due. Tante. Ricomincia a piovere e in breve il temporale riprende. E adesso come faccio? Ci mancava solo questo! Già era difficile sentire i suoni dei campanacci e dei muggiti prima, ora con la pioggia scrosciante sarà un’impresa! Beh, intanto mi riparo un attimo sotto un albero e…ma cos’è quello? Un porcino! Visto che ci sono lo raccolgo e lo metto nella tasca dell’impermeabile…mi sembra già di sentire il profumo del risotto che mi preparerà la mamma con quel fungo, quando sarò di nuovo al calduccio dentro la malga!
Passano le ore, ma non me ne rendo conto o forse non me ne curo…figuriamoci se ho un orologio e poi, devo pur riportare a casa le mucche! Continuo a camminare, seguendo quelli che mi sembrano dei suoni vaghi e lontani, ma ormai credo siano solo frutto della mia immaginazione e della mia voglia di trovare gli animali. La ricerca si complica con il passare del tempo, perché, oltre al rumore della pioggia, la visibilità viene meno con il sopraggiungere della sera. Per fortuna conosco benissimo questi boschi, altrimenti sarebbe stato facile perdersi!
Ad un tratto mi rendo conto che si sta facendo buio e che la pioggia non sembra cessare, quindi decido di lasciare la ricerca e tornare verso la malga…all’arrivo trovo tutti fuori ad aspettarmi, che mi guardano camminare tranquillamente verso la malga, il bastone in mano e il porcino nell’impermeabile. Sono molto preoccupati e subito mi rendo conto del motivo : sono le 9 e mezza di sera e sono stata fuori molte ore! La mamma ha le lacrime agli occhi e mi riempie di improperi, in particolare per il fatto che mi sia fermata a raccogliere i funghi, invece di pensare a rientrare. Resterà famosa la frase, detta da amici di famiglia lì presenti: “con un padre così, come poteva essere la figlia…” alludendo al lato selvaggio e un po’ noncurante delle avversità tipico di mio papà.
Quella sera non ho riportato alla stalla le mucche, le quali si sono ripresentate muggendo al mattino. Ma credo di aver trovato molto di più in quel bosco : determinazione, dedizione, coraggio, perseveranza. Valori che ho portato con me nella vita e che mi contraddistinguono in ciò che vivo e nelle sfide che affronto. E poi chissà, magari quella sera non cercavo nemmeno gli animali : ogni percorso di crescita passa attraverso la ricerca, l’ esplorazione, il fallimento e il coraggio di rialzarsi dopo le cadute.